Un viaggio nel mondo

Volontariato, Michele Fiorelli in Giamaica

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Questa estate ho deciso di partecipare ad un progetto di volontariato per un periodo di 4 settimane, esattamente dal 2 al 28 Agosto. L’associazione con cui sono partito è Projects Abroad, tale organizzazione è presente in tutto il mondo e permette, in base al progetto scelto, di poter scegliere tra diversi Paesi, io ho scelto il “Buildings project” per cui la destinazione sarebbe potuta essere una tra: Ghana, Senegal, Jamaica; la mia scelta è ricaduta su quest’ultima.

Sono venuto a conoscenza dell’organizzazione solamente attraverso internet e, visitando il sito projectsabroad.com, in poco tempo mi sono affascinato dell’idea di poter intraprendere una esperienza di volontariato dall’altra parte del mondo. Mi è bastato seguire la procedura online per prenotare indicando il periodo in cui sarei stato disponibile, per il resto hanno pensato a tutto loro, cioè a trovarmi una sistemazione in una famiglia locale assieme ad altri volontari e tutto il necessario per il progetto di volontariato. Per prenotare ho dovuto pagare una quota per vitto, alloggio e un contributo per il progetto a cui avrei lavorato, ma la cifra non è eccessiva, più o meno quanto può costare una settimana ad Ibiza.

Ho realizzato veramente quello che stavo per andare a fare solamente durante le 14 ore di volo per Montego Bay, e non posso negare di avere avuto una sensazione di paura legata al fatto di non avere idea di cosa mi aspettava.

Dopo circa tre ore di viaggio in macchina, in mezzo alla giungla e in strade improponibili sono finalmente arrivato nella casa in cui sarei stato ospitato, l’atmosfera che ho travato è stata fin da subito molto piacevole e tutti mi hanno accolto facendomi una gran festa, questa sensazione è stata un po’ una costante del viaggio e in particolare del modo di essere di tutti i giamaicani . Assieme a me vivevano altri due volontari: Zach e Braden con cui ho condiviso praticamente ogni secondo della mia permanenza.

Il giorno dopo ho conosciuto gli altri volontari e membri dell’organizzazione che mi hanno portato in giro per la cittadina in cui si trova la sede e i dintorni,  successivamente mi hanno accompagnato nella comunità di Richmond, a circa un’ora di strada, dove si trovava la scuola da costruire. Durante il primo giorno non c’è stata una persona che non si precipitasse per darmi il benvenuto, facendomi sentire da subito come a casa.

I primi giorni sono stati abbastanza duri, innanzitutto per quanto riguarda la lingua poiché l’inglese che parlano è totalmente differente da quello parlato in Inghilterra, ma fortunatamente anche grazie agli altri volontari riuscivo a comunicare; la casa in cui vivevo era ovviamente priva dei comfort a cui siamo abituati: il letto era non più comodo di un materassino, il bagno potremmo definirlo “essenziale” e l’acqua usciva a gocce oltre ad arrivare solamente a circa 45°C, poiché veniva raccolta in una cisterna esterna e una bella doccia bollente dopo una giornata di duro lavoro sotto il sole cocente non è esattamente quello che ci vuole. Dopo i primi giorni di lavoro non avrei scommesso un euro sul fatto di resistere fino alla fine del mese; il mio lavoro consisteva nel costruire quasi dal nulla il locale dei bagni di una scuola, assieme a me c’era solo il responsabile del progetto Pierce, un Giamaicano di più di 60 anni agile come una pantera e così divertente da rendere piacevole pure trasportare un pacco di cemento di 50 Kg sotto il sole! Spesso venivano a darci una mano di aiuto alcuni abitanti della comunità e ad ora di pranzo qualcuno portava sempre qualcosa da mangiare, per cui è stato possibile entrare in confidenza con tantissimi di loro che fin dal primo giorno mi hanno fatto sentire un membro della comunità. La cittadina in cui vivevo era il caos più totale, in pratica tutta la città era una grande piazza stracolma di negozianti che improvvisavano delle bancarelle e macchine che arrivavano da qualsiasi direzione, il tutto con la continua colonna sonora di musica reggae sparata a tutto volume dalle autoradio, oltre la piazza si trovavano solo alcune case e baracche in lamiera disperse in mezzo la giungla.

Fortunatamente mi sono bastati appena un paio di giorni per dimenticarmi tutti i timori e immergermi al 100% in questa nuova realtà. In pochi giorni ho conosciuto quasi tutti gli abitanti della comunità di Richmond poiché la costruzione della scuola rappresentava in quel momento l’evento centrale della vita del villaggio. Nonostante non sapessi nemmeno tenere in mano una cazzuola, facevano di tutto per farmi sentire importante ringraziandomi continuamente per il mio aiuto e approfittandone per insegnarmi i trucchi del mestiere evitando così che potessi combinare altri guai; grazie a loro nel giro di una settimana sono diventato un operaio professionista…Terminato il lavoro, l’appuntamento fisso con gli altri ragazzi del progetto era al Ricky’s bar, una casupola costruita in legno e lamiera immerso nella natura, dove ho potuto conoscere tanti ragazzi del posto con cui passavamo le serate a bere e contare ma soprattutto ad ammirare le loro performance “artistiche”.

È stato facile fare amicizia con gli altri volontari soprattutto grazie ai viaggi che organizzavamo nei giorni liberi, abbiamo girato quasi tutta la Jamaica e visto paesaggi davvero indimenticabili, ma già il viaggio in se era abbastanza particolare, ci muovevamo con dei pulmini di almeno 40 anni fa dove venivamo stipati in almeno 20 persone, la prima volta non pensavo di poter riuscire a resistere per 3 ore in quelle condizioni ma mi sono abituato anche a questo e ne porto dietro un bel ricordo.

Questa esperienza mi ha consentito di calarmi in una realtà totalmente diversa dalla vita “comoda” a cui sono abituato e conoscere persone abituate a vivere senza ciò che noi consideriamo indispensabile, ma anche di: nuotare nella barriera corallina, arrampicarmi per una cascata, passare serate in mezzo alla giungla o sul mar dei caraibi e tant’altro; per cui posso dire a gran voce che ne valsa la pena!

A questo punto sarebbe scontato dire che un’esperienza così forte mi abbia cambiato, non è così; io sono sempre lo stesso ma sicuramente aver vissuto, anche se solo per un mese, un altro tipo di vita mi ha fatto crescere e maturare, e penso proprio che da ora in poi per me sarà un po’ più semplice dare il giusto peso a tutto ciò che ci circonda nella quotidianità. Quello che ho ricevuto da questa avventura è sicuramente molto di più di quello che ho dato, l’intensità di emozioni con cui ho trascorso i miei giorni, grazie anche a tutte le persone che ho incontrato, sono qualcosa che mi porterò dentro per sempre e difficilmente potrò tradurle a parole. Spero proprio in futuro di avere un’altra occasione del genere, anche se difficilmente sarà possibile provare emozioni simili e cosi forti proprio perché tutto ciò che ho vissuto è stato per me completamente nuovo.

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